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venerdì 21 febbraio 2014

RIFLESSIONI SULLA PROPOSTA DI NUOVA LEGGE ELETTORALE - di Giorgio Ragazzi e Vincenzo Olita


La proposta di nuova legge elettorale (PNLE) centra l’obiettivo di assicurare la “governabilità” assegnando alla coalizione che prende più voti (eventualmente dopo ballottaggio, se al primo turno prende meno del 37% dei voti) una corposa maggioranza di seggi alla Camera. Il rischio che al Senato si possano avere risultati difformi verrebbe eliminato, in attesa della modifica costituzionale prevista, applicando la stessa legge elettorale anche per l’elezione dei senatori (non è chiaro come verrà superato il contrasto con l’art 57 della Costituzione che prevede per il Senato il riparto su base regionale).
Si riduce però ulteriormente l’ambito del potere di scelta del corpo elettorale.
Le soglie di esclusione molto elevate (12% dei voti per le coalizioni, 8% per i partiti che si presentano da soli e 4,5% per i partiti che si presentano all’interno di coalizioni) renderanno di fatto difficilissimo se non impossibile l’emergere di nuove forze, capaci di interpretare le mutevoli preferenze dell’elettorato, oltre ad escludere dal parlamento le rappresentanze di consistenti quote di elettorato. Sarà molto più difficile che possano accadere di nuovo “terremoti” come l’inaspettato successo del Movimento 5 Stelle, che pure ha “dato fiato” ad opinioni ed esigenze degli elettori che i partiti tradizionali non sapevano interpretare.
Ormai all’elettorale resta solo la scelta, ogni 5 anni, se votare per la coalizione di destra o per quella di sinistra, col movimento 5 Stelle destinato, se sopravvive, ad un ruolo di impotente opposizione. Tutti i partiti minori dovranno accettare le condizioni imposte loro per essere accolti nella coalizione e, nei tanti casi in cui il raggiungimento della soglia del 4,5% è impossibile o incerto, dovranno rinunciare a proporre liste autonome in cambio di qualche “ seggio sicuro” per i loro rappresentati.
Agli elettori verrà presentata, per ciascun collegio, la lista dei candidati di ciascuna coalizione (o partito) ma non avrebbe senso, per l’elettore, votare tenendo conto della qualità dei candidati visto che il voto conterà solo per la ripartizione dei seggi a livello nazionale e non per l’assegnazione dei seggi nel collegio: nulla si può fare per escludere candidati sgraditi. I candidati verranno nominati (e posti in graduatoria nei singoli collegi) dai leaders delle due coalizioni che avranno quindi pieno ed esclusivo potere di “assegnare i posti” alla Camera presumibilmente a persone fidate/gradite. Uno dei grandi problemi dell’Italia, quello di migliorare la scadentissima qualità dei rappresentanti politici, non viene affrontato anzi c’è da attendersi che peggiori ulteriormente dato che uomini liberi, che ragionano con la loro testa, sono di logica ritenuti poco fedeli.
Il divieto per un candidato di presentarsi in più di un collegio era molto rilevante per far cessare questa mala pratica ma la proposta originaria non ha retto la pressione dei “capicorrente” che per essere certi di rielezione hanno imposto che sia possibile candidarsi in 3 (o più?) collegi. Questo comporta anche il potere di scegliere chi debba subentrare a seconda del collegio cui rinunci un plurieletto.
Demagogica ed anche un po’ goliardica (in quale Paese esiste una norma simile?) appare poi la norma che impone che “nessuno dei due sessi possa essere rappresentato in misura superiore al 50%” in ciascuna lista e che nelle candidature di collegio debbano alternarsi rappresentanti dei due sessi (non è detto cosa avvenga nel caso qualcuno cambi sesso in corso di mandato). Il buon senso avrebbe dovuto suggerire una maggiore libertà nella composizione delle liste per lasciare spazio alle valutazioni di capacità individuale, soprattutto a livello di piccoli collegi.
Grillo ha poi buoni motivi per contestare l’art. 67 della Costituzione: è giusto consentire che il deputato sia esente dal vincolo di mandato se la sua elezione, oltre che la stessa candidatura, dipende solo dai voti ottenuti dalla coalizione?
Con un’unica Camera che legifera ed una larga maggioranza di “nominati” eletti ogni bilanciamento di poteri tra legislativo ed esecutivo sembra eliminato o assai ridotto. In sintesi la PNLG comporta che vengano affidati “pieni poteri” per 5 anni all’uno o all’altro dei leaders delle due coalizioni. Non stupisce che Renzi e Berlusconi si siano trovati d’accordo su questo testo. Col nuovo sistema c’è da chiedersi anche a cosa sia ridotto il ruolo del Presidente della Repubblica che verrà eletto dalla coalizione al potere e avrà ben poco da mediare.
La Proposta non sembra superare nessuna delle obiezioni sollevate dalla recente sentenza della Corte Costituzionale: restano le liste bloccate, il premio di maggioranza eccessivo, le soglie di sbarramento ancora più alte. Ma per un eventuale nuovo intervento della Corte passeranno comunque degli anni. Rispetto al “Porcellum” si è solo accentuato lo strapotere dei partiti maggiori assicurando, forse, la “governabilità”. L’unica vera innovazione, la trasformazione del Senato, è lontana ed incerta.
Sarebbe allora molto meglio introdurre apertamente un sistema presidenziale, con il capo dell’esecutivo (o della repubblica alla francese) eletto dal popolo ed un Parlamento invece rappresentativo dei vari partiti e capace di controbilanciare il potere dell’esecutivo per l’indipendenza che caratterizza deputati eletti in collegi uninominali.


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